Ragazzi si fingono gay nelle chat: «Vogliamo punire i pedofili». In cella i baby-giustizieri

I ragazzi rapivano e picchiavano le vittime. Poi svuotavano i loro conti in banca

Ragazzi si fingono gay nelle chat: «Vogliamo punire i pedofili». In cella i baby-giustizieri
di Giuliano Pavan
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Venerdì 19 Aprile 2024, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 10:27

Rapine e sequestri punitivi nei confronti di uomini che cercavano sesso facile, soprattutto con ragazzini. Per i giovanissimi “giustizieri”, due ragazzi di 20 e 19 anni che erano stati arrestati in un casolare a Vedelago nel febbraio dello scorso anno insieme a un 16enne (per cui procede la Procura dei minori di Venezia, ndr), ieri è arrivata la sentenza di condanna con rito abbreviato: il gup Piera De Stefani ha inflitto 6 anni e 3 mesi di reclusione per il 20enne, difeso dall’avvocato Elisa Berton, e 6 anni e 10 giorni per il 19enne, difeso dall’avvocato Nicoletta Gasbarro. Entrambe le legali, in attesa delle motivazioni che verranno depositate fra 90 giorni, hanno comunque già annunciato che presenteranno ricorso in appello. 
Le pene comminate sono state inferiori rispetto alle richieste del pubblico ministero Barbara Sabbatini: il giudice ha inglobato il sequestro di persona nel reato più grave, ovvero la rapina pluriaggravata, ma non ha riconosciuto il vizio parziale di mente agli imputati. I baby giustizieri erano accusati anche di indebito utilizzo di carte di credito e porto di oggetti atti a offendere.

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LE ACCUSE 

La gang in stile Arancia meccanica era sotto processo, come detto, per aver sequestrato e rapinato 8 uomini (per il 19enne era contestato un episodio in meno, ndr), che venivano adescati in una chat gay (utilizzando, nello specifico, l’applicazione Grinder) con la promessa di incontri erotici.

Stando al quadro accusatorio si erano ispirati alla docu-serie statunitense “To catch a predator”, che smascherava appunto i pedofili. A squarciare il velo sull’operato della banda era stato il blitz dei carabinieri di Castelfranco nel casolare degli orrori, a Vedelago. Ai militari, da tempo, erano stati segnalati movimenti sospetti. Quel giorno (era il febbraio 2023) la gang stava infierendo su un impiegato di 50 anni. L’uomo era stato trovato immobilizzato a terra, nello scantinato, con mani e piedi legati con del nastro adesivo che gli copriva anche la bocca. Respirava a fatica e aveva segni di percosse su tutto il corpo. Il 16enne, a volto coperto, era seduto sopra di lui. Il 19enne, invece, lo minacciava con un taser mentre il 20enne era stato fermato qualche minuto prima mentre si allontanava in bicicletta con il bancomat della vittima: l’intento era quello di andare al primo sportello utile per prelevare del denaro. 

LA SCIA 

Il sospetto degli inquirenti era che quel sequestro non fosse il primo. Il piano era troppo dettagliato, troppo preciso: tutto lasciava intendere che fosse un copione già collaudato. Da qui la ricerca nelle banche dati di altri episodi simili e l’appello alle eventuali vittime di farsi avanti, garantendo tutta la delicatezza che le circostanze richiedevano. I riscontri non hanno tardato ad arrivare: altri sette i casi ricostruiti, messi a punto tutti con lo stesso copione, tra il giugno del 2022 (un solo episodio) e il febbraio del 2023 (da dicembre si erano verificati tutti gli altri sette). Le vittime erano tutti uomini tra i 40 e i 60 anni. Non tutti avevano denunciato le violenze, per vergogna. Soltanto due si erano presentati in caserma, dopo l’arresto della gang. Le altre vittime erano state rintracciate invece ricostruendo i contatti social dei ragazzi. Sei di loro, dopo essere stati risarciti, avevano ritirato la querela per sequestro di persona, due invece si sono costituiti parte civile a processo: avevano chiesto un risarcimento di 50mila e 30mila euro. Il giudice, nella sentenza di condanna, ha anche stabilito un risarcimento per le due vittime, a una cifra inferiore rispetto alle pretese.

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