“Tu quoque, Brute, fili mi! (Persino tu, Bruto, figlio mio)”. La celebre frase pronunciata da Giulio Cesare riecheggiava dai microfoni posizionati tra gli spazi dell’Area Sacra di Largo di Torre Argentina. Qui si è rivissuto l’emozionante momento storico delle Idi di Marzo, avvenute nel 44 a.C. quando il console e dittatore della Repubblica romana Gaio Giulio Cesare veniva trafitto dai congiurati e, prima di cadere al suolo, riconosceva fra i suoi assassini il volto di Marco Giunio Bruto. La folla affacciata dall’alto in ogni spazio disponibile ha potuto così godere della rievocazione dell'assassinio di Cesare, organizzata dall’appassionata Associazione Culturale "Gruppo Storico Romano” e interpretata in tutto da circa ottanta soci. «Sono felice di essere qui con il mio gruppo - ha commentato il presidente e fondatore dell’Associazione GSR Sergio Iacomoni, meglio conosciuto come Nerone - . Come diceva Carlo Verdone “c’è poco da ride”, ma è un evento che ha cambiato la storia e siamo soddisfatti di riportarlo di nuovo in vita».
A rendere omaggio alla ricostruzione storica open air è intervenuto l'assessore capitolino alla Cultura Miguel Gotor che ha ricordato l’importanza dell’omaggio «alla nostra città percorsa da tante ferite tra cui l’assassinio di Cesare e la congiura per eliminarlo», sottolineando con soddisfazione come tutta l’area archeologica sarà riaperta al pubblico «il 21 aprile anche grazie al supporto di Bulgari. Organizzeremo un evento di Roma Capitale».
La rappresentazione ha avuto un significato particolare, non solo per aver ricordato l’uccisione di un simbolo della civiltà romana, ma anche perché sono stati riportati in vita, in carne e ossa, i fatti e lo svolgimento nello stesso luogo e con le stesse modalità, quello che in gergo si chiama “re-enactment”. Dopo la ricostruzione della morte, ha preso corpo il corteo funebre con circa 100 rievocatori che da Largo Argentina ha attraversato i Fori Imperiali, fino a concludersi al Tempio di Giulio Cesare, all’interno del parco archeologico del Colosseo. Qui l’ultima moglie di Cesare, Calpurnia Pisone, ha pianto la morte del suo amato. «È la quarta volta che interpreto Calpurnia – racconta con soddisfazione la socia Maria Rita Leonardi – . Da sempre mi piacciono la storia e le rievocazioni e in particolare la possibilità di dare luce a donne nell’antica Roma che hanno lasciato un segno. Siamo rievocatori volontari e appassionati».