«Mi ha peso per il collo e dopo avermi palpeggiato il seno mi ha rapinato il cellulare che era caduto a terra». È l’accusa di una donna, M. M. 50enne, romana, d’accordo con il fidanzato, H.H.E., 30enne, campano, nei confronti di A. F. 34enne, marocchino, residente a San Benedetto dei Marsi. Tutto falso: la donna e l’uomo sono accusati di essersi inventata la storia e aver denunciato la rapina e la violenza sessuale ai danni dell’uomo nel tentativo di estorcergli i soldi. Una storia, successa ad Avezzano, dai contorni molto strani che ha visto la vittima e il suo fidanzato trasformarsi in accusati.
In questo caso la persona offesa è proprio il marocchino che, stando a quanto riporta l’inchiesta svolta dai carabinieri, in realtà non avrebbe commesso nulla di quello che la donna raccontava. Ora la 50enne e il fidanzato, difesi dagli avvocati Luca e Pasquale Motta, sono accusati di calunnia e concorso e dovranno presentarsi all’udienza, davanti al giudice del Tribunale di Avezzano, Francesca D’Orazio, fissata per il 18 novembre prossimo.
A luglio del 2021 la donna si era presentata in caserma e aveva denunciato il 34enne per rapina e violenza sessuale, ai carabinieri di San Benedetto dei Marsi. E aveva dichiarato falsamente: «Mi ha afferrato per il polso, mi ha tirato a lui, mi ha stretta al collo con il braccio e dopo avermi palpeggiato il seno si è appropriato di un telefono cellulare I Phone 12 che era caduto a terra nel momento in cui mi aveva afferrata».
Parallelamente, però, il 34 enne ha raccontato tutta un’altra storia e in poco tempo ha portato alla luce quello che nessuno si sarebbe aspettato. Infatti ha sostenuto: «Non ho mai stretto al collo la donna e non l’ho mai palpeggiata. Non ho nessun cellulare, anzi i due hanno minacciato di denunciarmi se non davo loro la somma richiesta». Grazie alle indagini svolte successivamente dai carabinieri, e coordinate dalla procura di Avezzano, pubblico ministero Maurizio Cerrato, è emerso che la donna e il suo innamorato avevano inventato tutto. Dall’inizio alla fine. E per farlo avrebbero dato vita a macchinazioni e inganni, che avrebbero avuto come ultima finalità quella di spillare più soldi possibili al giovane che lavoro ed è ben inserito nella Marsica.
Adesso però, un boomerang giudiziario si è rivolto contro loro: il tribunale di Avezzano ha contestato ai due il reato di calunnia in concorso e a novembre prossimo si terrà la prima udienza. I due indagati però hanno confermato, ai loro avvocati di fiducia, che la storia sarebbe tutta vera.