Nei prossimi cinque anni quasi tre milioni di persone andranno in pensione. E se è vero che dire addio al lavoro prima dei 67 anni non è facile, le vie per accedere (o quasi) all’assegno di quiescenza senza attendere i requisiti ci sono e chi rientra in una delle sei opzioni ne approfitta. L’invecchiamento della popolazione fa il resto e così il meccanismo rischia di andare in tilt. Da qui al 2027 infatti il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti, rileva il rapporto Excelsior Unioncamere: il 71,7% in sostituzione dei 2,7 milioni di lavoratori che termineranno la carriera e il 28,1%, pari a un milione di nuovi ingressi, legati alla crescita economica prevista nel quinquennio. «Il problema del difficile incontro tra domanda e offerta di lavoro non è nuovo, ma negli ultimi anni si sta facendo sentire maggiormente. È chiaro che va affrontato su più fronti», sottolinea Andrea Prete, presidente di Unioncamere.
LE USCITE
La maggior parte delle uscite dal mondo produttivo nel prossimo quinquennio avverrà, come oggi, con assegno di anzianità.
BOOM NEL PUBBLICO
In questo ambito la sostituzione del personale che approda alla pensione raggiunge livelli record. Unioncamere prevede che nel quinquennio il fabbisogno complessivo di personale nel settore pubblico sarà di 738 mila unità, «determinato per il 92% dalla componente di sostituzione che coinvolgerà circa 676 mila dipendenti». Sempre di più strategico, quindi, è «investire sul reclutamento e sulla formazione dei dipendenti pubblici per ridurre gli effetti negativi che si ripercuoterebbero su tutto il sistema Paese per la carenza di dipendenti e/o la mancanza di competenze adeguate». Una prospettiva resa ancora più preoccupante se si sommano altri flussi in uscita dal mercato del lavoro, quelli di emigrazione dall’Italia: nel corso del 2021 si sono registrate oltre 83 mila partenze per espatrio, per il 42% composte da giovani tra 18 e 34 anni. Hanno spesso un alto livello di formazione e in molti casi si trasferiscono permanentemente fuori dal Paese, con ripercussioni sul mercato del lavoro. L’anno scorso la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 40% delle assunzioni e i rallentamenti nel reclutamento dei dipendenti tra due e dodici mesi sono costati all’Italia 37,7 miliardi di euro. E tra il 2023 e il 2027, come si evince dal rapporto Unioncamere, il quadro sarà oltremodo critico. La dinamica demografica comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici, sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa per l’invecchiamento della popolazione, ampliando la carenza di personale per mancanza di nuove leve che possano sostituire chi se ne va. I problemi maggiori, rileva l’analisi, saranno nel settore pubblico, dove dovrà essere sostituito in cinque anni il 20,8% dei dipendenti, e nei comparti legati alla sanità, alla moda e al legno-arredo. Il mercato del lavoro richiederà per oltre il 34% personale con un livello di formazione terziaria (universitaria o tecnico professionale) e per il 48,1% professionisti provenienti dagli Istituti tecnici superiori. «Le transizioni tecnologiche e ambientali porteranno a un’intensificazione della domanda di competenze green e digitali – anche per realizzare gli obiettivi del Pnrr – col rischio di incrementare il divario dei requisiti necessari», spiegano i ricercatori. «Tra il 2023 e il 2027 il possesso di competenze green con importanza almeno intermedia sarà richiesto a circa 2,4 milioni di lavoratori e con importanza elevata a oltre 1,5 milioni, le competenze digitali a oltre 2 milioni di occupati».