Manifesti elettorali inutili, ma è impossibile eliminarli: una legge del 1956 lo vieta. E al Comune costano 300mil euro

Con l'avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in programma l'8 e 9 giugno, le strade sono invase

Manifesti elettorali inutili, ma è impossibile eliminarli: una legge del 1956 lo vieta. E al Comune costano 300mil euro
di Fabio Rossi
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Giovedì 9 Maggio 2024, 07:04

Oltre cinquemila impianti in tutta Roma, per una spesa di oltre 300 mila euro. Con l'avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in programma l'8 e 9 giugno, le strade (e soprattutto i marciapiedi) della Capitale tornano a fare i conti con le plance elettorali: quei cartelloni che invadono gli spazi pubblici per un paio di mesi (spesso anche rendendo più difficile utilizzarli) a ogni tornata elettorale e poi vengono rimossi, fino al prossimo giro. Con una differenza rilevante, rispetto al passato: adesso i canali della comunicazione politica sono notevolmente cambiati, abbandonando gradualmente l'utilizzo dei maxi-manifesti e virando sempre più verso la comunicazione dei social network. E così la costosa, ingombrante (e spesso fastidiosa) presenza delle plance risulta sempre più anacronistica. Ma qui i margini di manovra dell'amministrazione capitolina sono ridotti, se non inesistenti: il numero dei tabelloni e la suddivisione nei 15 Municipi della Città eterna viene effettuata, come prevede la legge, prendendo in considerazione il criterio della popolazione residente.

L'INIZIATIVA

Il Comune, nel 2023, ha avanzato la proposta di fare a meno delle plance e di utilizzare le risorse risparmiate dal loro allestimento e dalla loro rimozione per garantire una migliore manutenzione stradale. «Nell'era della comunicazione digitale, in cui è possibile informare i cittadini anche attraverso giornali, radio e tv, non si capisce perché dobbiamo ancora utilizzare questo metodo medievale - sottolinea Dario Nanni, consigliere capitolino e presidente della commissione Giubileo - Lo scorso anno è stata approvata all'unanimità, dall'assemblea capitolina, una mozione in cui chiedevo di porre fine a questo sistema». Il provvedimento è stato finora disatteso perché, per vietare o limitare il ricorso a questi impianti, occorrerebbe un intervento legislativo nazionale per modificare la legge del 1956 che ancora ne prevede l'utilizzo. E così, fino a giugno le plance continueranno a far parte del panorama urbano della Capitale, come degli altri comuni italiani. La distribuzione degli impianti nei diversi quartieri è stabilita da una delibera di Palazzo Senatorio. Complessivamente le plance elettorali sono 5.312, divise in 166 luoghi disseminati nei 15 municipi della Capitale. Per un costo complessivo che, come detto, supera i 300 mila euro, senza contare alcuni danni che vengono spesso segnalati, specialmente ai marciapiedi, oltre all'intralcio per pedoni, soprattutto se diversamente abili o famiglie con passeggini. «Questa prassi costa a ogni tornata elettorale centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici, che potremmo invece utilizzare proprio per sistemare i marciapiedi della nostra città», ricorda Nanni.

LA GARA

Ovviamente, l'impegno cittadino per il voto non si limita alle plance elettorali. L'amministrazione comunale ha pubblicato lo scorso 18 dicembre una gara d'appalto da 11,3 milioni di euro per quattro anni, proprio in vista dei prossimi appuntamenti ai seggi: nel 2024, salvo sorprese, sono in programma soltanto le Europee.
Dei fondi stanziati per il bando, 6,7 milioni sono destinati agli impianti destinati al voto, mentre 4,5 milioni sono per il «servizio di trasporto, consegna, ritiro, manutenzione ordinaria per tutto il materiale per consultazioni elettorali». Questi fondi sono materialmente erogati al Comune dal ministero dell'Interno.

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