Filippo Felici, 10 anni al killer Daniele Piancatelli. «Non voleva ucciderlo»

La Corte ha ritenuto di escludere l’aggravante della premeditazione, contestata invece dal pubblico ministero Edoardo De Santis, che per Piancatelli aveva chiesto 21 anni e un mese di carcere

Filippo Felici, 10 anni al killer Daniele Piancatelli. «Non voleva ucciderlo»
di Michela Pagano
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Martedì 30 Aprile 2024, 18:06

Oltre due ore di camera di consiglio e una pena più che dimezzata rispetto a quanto chiesto dalla procura. I giudici della prima Corte d’assise di Roma hanno condannato a 10 anni e un mese di reclusione Daniele Piancatelli per omicidio volontario, colpevole di aver ucciso nella notte tra il 25 e il 26 ottobre 2022, nel quartiere Tuscolano, Filippo Felici, 25 anni, pugnalandolo alle spalle. La Corte ha ritenuto di escludere l’aggravante della premeditazione, contestata invece dal pubblico ministero Edoardo De Santis, che per Piancatelli aveva chiesto 21 anni e un mese di carcere.

LA VICENDA

È notte quando Daniele Piancatelli (oggi 25 anni) riceve una telefonata da due suoi amici, all’epoca dei fatti minorenni. Poco prima uno dei due riferisce al compagno di aver avuto una conversazione con Felici e di aver sentito quest’ultimo definire Piancatelli «un infame» perché «gli aveva fatto una cosa brutta», si legge nel capo di imputazione. Entrambi decidono quindi di mettere al corrente Piancatelli della cosa e chiedono di vederlo. L’incontro avviene nei pressi di via Tuscolana, lì dove l’imputato soggiorna a casa di un amica. Dopo essere venuto a conoscenza delle parole di Felici, Piancatelli decide di incontrarlo e chiede all’amico di fissare per lui un appuntamento in incognito. Detto fatto. Insieme si dirigono verso via Publio Rutilio Rufo.

Pochi attimi ed è il caos. Dopo un breve scambio di parole, l’imputato si scaglia contro Felici e lo colpisce al volto con un pugno. La vittima si copre il viso con le mani, si piega in avanti e riceve un nuovo colpo, questa volta alla schiena. È la lama di un coltello a trafiggerlo, nella parte sinistra del torace. Gli recide l’aorta e in pochi minuti ne causa la morte. Prima di scappare Piancatelli colpisce ancora il 25enne con un calcio, mentre si trova a terra ormai esanime.

L’UDIENZA

«Non so come sia potuto succedere. Mi scuso con i genitori di Filippo, ho sbagliato ed è giusto che paghi ma non volevo ucciderlo», ha dichiarato Daniele Piancatelli durante la deposizione in aula ieri. Secondo la sua ricostruzione, infatti, la morte di Felici sarebbe stata semplicemente una disgrazia. «Volevo solo picchiarlo, dargli una lezione, perché poco prima aveva avuto una discussione con due miei amici e perché mi avevano riferito che aveva parlato male di me - ha spiegato - Ero solito uscire la sera con un coltello e lo avevo con me anche quella notte. L’ho preso da un cassetto nella mia camera, l’ho messo nella manica della felpa e deve essersi sfilato quando gli ho sferrato il pugno». Ricordi confusi ma una sola certezza: «Non ho mai impugnato il coltello».

Una ricostruzione poco plausibile secondo il pm De Santis, che nella sua requisitoria dinanzi ai giudici della prima Corte d’Assise ha invece posto l'accento sulla violenza con la quale è stato sferrato il colpo; una violenza tale «da rendere difficile immaginare che sia stato inferto per sbaglio». Il pubblico ministero ha parlato di «un vero e proprio agguato» organizzato da Piancatelli ai danni di Filippo Felici. Un omicidio «maturato in un contesto legato al traffico di stupefacenti» e pianificato, seppur in un breve lasso di tempo. I giudici, tuttavia, hanno ritenuto di escludere l’aggravante della premeditazione e hanno concesso le circostanze attenuanti generiche.

In piedi, occhi lucidi, immobili, ad ascoltare la sentenza ieri erano presenti anche i genitori della vittima, che hanno lasciato l’aula senza dire una parola. Per loro, costituitisi parte civile nel processo, i giudici hanno riconosciuto il risarcimento di una somma provvisionale di centomila euro ciascuno. Ad ascoltare il verdetto anche la mamma di Daniele Piancatelli che ha raggiunto per un abbraccio il figlio poco prima che lo portassero via.

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