Sfruttamento della prostituzione online, le videochat hard costavano 3 euro al minuto

Carabinieri di Viterbo
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Martedì 7 Maggio 2024, 05:20

Venti euro per un video hot e due euro al minuto per una sexchat. Le videochiamate bolletti invece tre euro ogni 60 secondi. E ancora possibilità di abbonamenti settimanali per 140 euro, che includevano l’invio di messaggi e video personalizzati dalla “fidanzata virtuale”. È il listino prezzi che il trentenne del Viterbese, arrestato pochi giorni fa, aveva pianificato con la sua fidanzata (nel frattempo diventata ex) per adescare clienti sul web. 
Il 30enne è accusato di sfruttamento della prostituzione, estorsione, stalking e minacce. Ieri mattina, assistito dai suoi avvocati, è arrivato in Tribunale per l’interrogatorio di garanzia ma ha scelto il silenzio.
L'indagine è partita dopo la denuncia presentata dalla sua ex fidanzata che per giorni è stata sottoposta a violenza verbale e psicologica. 


Le indagini, coordinate dalla procura, sono scattate a febbraio dopo un intervento di routine delle pattuglie dell'Arma. La donna aveva contattato i militari per una violenta lite con l'ex fidanzato, con cui si era da poco lasciata, che si sarebbe presentato sotto casa sua con fare molesto. Dagli accertamenti è emerso che la donna metteva dei suoi filmini hard su alcune piattaforme per adulti, tra cui Onlyfans e Instagram. Per realizzare e diffondere questi video sessualmente espliciti, si sarebbe fatta aiutare dal compagno 30enne fino alla separazione. L'uomo sarebbe stato, in particolare, il chatter, ossia colui che interagisce con i clienti della piattaforma contattandoli e mostrando loro il prezziario per le varie performance. Durante gli approfondimenti, però, gli investigatori hanno scoperto che il 30enne, nel chattare con i clienti e promuovere le offerte online, avrebbe simulato di essere la donna stessa, di fatto adescandoli.


Terminata la relazione, l'uomo avrebbe preteso di continuare a collaborare nell'attività social della ex, da cui avrebbe percepito il 40% degli introiti. In cifre, tra i cinquecento e i mille euro a settimana, fino a raggiungere una media di 3mila euro netti al mese. Un'attività redditizia, da cui il 30enne avrebbe preteso di non essere escluso iniziando a manifestare comportamenti caratterizzati da estrema violenza verbale e arrivando a minacciare ripetutamente la donna. Inoltre, avrebbe preteso ben 32mila euro come risarcimento per l'interruzione della "collaborazione". «Tocca lavorà e non hai lavorato. Abbiamo un contratto di lavoro, stasera si lavora dalle 18, sennò devo denunciare anche per quello».

Questi alcuni dei messaggi minatori che l’indagato avrebbe inviato alla giovane vittima per costringerla a continuare l’attività. La ragazza infatti oltre a chiudere la relazione col trentenne aveva deciso di smettere di fare la “cam girl”. Una scelta per niente condivisa dall’indagato, che sarebbe andato su tutte le ferie. «Se vengo, sappi che la tua vita finisce. La mia famiglia ve da fuoco». E poi insulti di ogni tipo e minacce estese a tutti i familiari: «Non ho più niente da perde, vuoi vedere la tua famiglia a pezzi?». La violenza verbale, le minacce e le continue telefonate sarebbero durate appena due giorni, ma sarebbero state così pressanti e pesanti da indurre la giovane a chiamare più volte i carabinieri. E soprattutto ora sono prove che configurano anche il reato di atti persecutori. 


Il 30enne dopo l’indagine della Procura è stato, con ordinanza del gip, sottoposto al carcere. L’accusa più grave è quella di sfruttamento della prostituzione. «Non è in dubbio - spiega la gip Savina Poli nell’ordinanza - che la giovane abbia svolto attività di prostituzione tramite i servizi a pagamento. Non può essere ritenuto determinante, ai fini della configurabilità dell'atto di prostituzione, l'elemento del contatto fisico tra il soggetto che si prostituisce e il fruitore della prestazione sessuale a pagamento, mentre lo è quello dell'interazione tra l'operatrice e il cliente». E una volta ritenuto che la vittima abbia svolto attività di prostituzione «occorre evidenziare - spiega ancora - che vi sono gravi indizi di colpevolezza a carico su sfruttamento della prostituzione della fidanzata. L'indagato nel ruolo di chatter prendeva contatti con i clienti e pattuiva il prezzo, le modalità di pagamento, la durata e la tipologia delle prestazioni sessuali, comunicando poi a lei tali dati, affinché potesse eseguire le prestazioni richieste».
Lo sfruttamento della prostituzione avrebbe avuto due fasi, la prima quella in cui i due erano ancora legati sentimentalmente andata avanti per un annetto. E la seconda parte quella in cui l’indagato, dopo aver rotto con lei, avrebbe preteso con “forza” che lei continuasse a onorare il contratto che aveva firmato. Di fatto obbligandola alla prostituzione. «È inequivocabile - conclude la gip nell’ordinanza - che abbia consapevolmente partecipato ai proventi dell'attività di meretrico». 

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