Anzio, mafia e scambio di voti: indagato l'ex sindaco De Angelis. Nei guai anche tre consiglieri

Per domani mattina sono stati fissati gli interrogatori di garanzia a piazzale Clodio

Anzio, mafia e scambio di voti: indagato l'ex sindaco De Angelis. Nei guai anche tre consiglieri
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Giovedì 11 Aprile 2024, 08:51

Indagati per scambio elettorale politico-mafioso l'ex sindaco di Anzio Candido De Angelis, l'ex assessore ai lavori pubblici Giuseppe Ranucci, e gli ex consiglieri Lucia Pascucci, Cinzia Galasso e Gualtiero Di Carlo, detto Walter. Per domani mattina sono stati fissati gli interrogatori di garanzia a piazzale Clodio. Il primo a essere sentito dal magistrato, accompagnato dal proprio avvocato, sarà proprio l'ex primo cittadino di centrodestra, il cui consiglio comunale era stato sciolto per mafia nel novembre del 2022 dopo che i carabinieri di Roma nell'operazione "Tritone" del febbraio di quell'anno, sotto il coordinamento della Dda, arrestarono 65 persone. Di fatto i militari di via In Selci scoperchiarono nella cittadina portuale con addentellati nella vicina Nettuno la prima "locale" di Ndrangheta autonoma dalla "madrepatria" di Santa Cristina d'Aspromonte nel Reggino, da dove tra gli anni 70 e 80 arrivarono i primi accoliti impiantando il loro business malavitoso.

IL CONTROLLO

Dalle carte dell'inchiesta Tritone emerso con forza un certo condizionamento della vita cittadina e degli appalti da parte delle potenti le potenti famiglie Madafferi, Gallace, Perronace e Tedesco. Ma fino a ora nessun esponente politico era stato indagato. Mentre sarebbero otto gli ex amministratori dei due comuni del litorale a sud di Roma che il Ministero dell'Interno, nel frattempo avrebbe citato in giudizio in relazione a una richiesta di incandidabilità depositata al tribunale di Velletri. Secondo le indagini dell'Antimafia, il controllo pieno del territorio ad Anzio lo avevano la ndrina e tutti i suoi accoliti, sodali o semplici "amici" che con i "potenti" non volevano avere problemi o che, per puro servilismo - non si sa mai fosse stato necessario ricevere qualche favore - erano pronti a dare un supporto. Spiegava il colonnello dei carabinieri Massimiliano Vucetich in una delle udienze al processo al clan Gallace-Madaffari prima del Natale scorso, rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò, di avere provato una «grande frustrazione» per non avere potuto approntare servizi di osservazione, controllo e pedinamento dopo avere intercettato delle conversazioni decisamente interessanti tra alcuni presunti ndranghetisti e un contatto nell'amministrazione comunale: «Noi con una conversazione simile a Roma saremmo partiti in 500, ma lì (ad Anzio, ndr) non ci saremmo potuti muovere...». Insomma, qualsiasi "ficcanaso" sarebbe stato scoperto. Ambiente, lavori pubblici e poi i tentacoli delle cosche nelle attività commerciali, controllate o strappate agli imprenditori: il business della "locale" cresceva foraggiato dal narcotraffico.

INDAGINI SOTTO CHIAVE

La città dello Sbarco amministrata dal 98 al 2008 e poi di nuovo dal 2018 fino allo scioglimento da De Angelis, nascondeva secondo l'inchiesta della Dda un cancro che, dietro intimidazioni e modi violenti, ne divorava il tessuto sociale ed economico onesto, giorno dopo giorno. I commercianti, a microfoni spenti, confessavano: «Ti offrivano soldi, ti davano il denaro per aprire l'attività e dare lavoro a un figlio, ma poi dopo inevitabilmente passavano a riscuotere il favore». Intanto, sempre nelle udienze al processo, un altro investigatore, il sostituito commissario Sandro Danisi della Squadra Mobile di Roma racconta: «Al commissariato di Anzio i colleghi della squadra giudiziaria tengono il loro ufficio sottochiave, per accedere serve un codice».
Alessia Marani
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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